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Il Giornalista Vaticanista Franco Mariani da sempre si è occupato della storica visita di Papa Paolo VI, oggi Beato, a Firenze alluvionata la notte di Natale del 1966.
Nel 1994 ha pubblicato il libro “Paolo VI a Firenze: la venuta di un Angiolo notte di Natale 1966 50 giorni dopo l’Alluvione”, ristampato nel 2005 da Ludovica Greta Editore, a cui si rimanda per ogni approfondimento.
Qui di seguito riportiamo una breve cronistoria dell’evento, rimandando per tutti gli approfindimenti e la storia completa della visita al libro.
Papa Paolo VI, giunse al casello autostradale di Firenze Sud con largo anticipo sull’orario previsto, intorno alle ore 21.
Subito s’immerse nella dura realtà dell’alluvione, percorrendo in mezz’ora il quartiere di Gavinana e parte di Santa Croce, tra due ali di folla, fermandosi anche un paio di volte a parlare con i fiorentini. Alle 21,30 fu accolto in Piazza Santa Croce da un’ ovazione entusiastica.
Sul sagrato della Basilica erano ad attenderlo la Giunta Comunale al gran completo e numerose autorità cittadine. Paolo VI, accompagnato dal Cardinale Florit, e dai frati Francescani, entrò all’interno della Basilica.
La Basilica era completamente vuota per motivi di sicurezza, dovuti ai danni arrecati dalle acque devastatrici.
Sulle pareti il Papa notò la scia, altissima, lasciata dalla nafta, nonostante la Basilica sia su un piano rialzato, rispetto alla piazza.
Avvolto nel silenzio della preghiera, Paolo VI ebbe il primo tremendo impatto con la distruzione che si è abbattuta su Firenze soltanto cinquanta giorni prima.
Poco dopo, sul sagrato, fu accolto nuovamente da un caloroso applauso della sterminata folla.
Anche qui, grazie ad un insegna luminosa le cui parole sono tutte dedicate all’altezza raggiunta dalle acque, il Papa ha modo di constatare l’immane furia della natura abbattutasi su Firenze.
Dopo aver lungamente risposto, con larghe alzate di braccia, al deferente saluto dei Fiorentini, il Papa prese posto per ascoltare il saluto del Sindaco, Piero Bargellini.
Il Sindaco iniziò a parlare, ma subito si alzò una grande protesta da parte della gente.
Le numerose Autorità e i fotografi erano talmente vicini al Papa, da impedire ai Fiorentini di vedere il Santo Padre.
Il Sindaco fu costretto a fermarsi e a far ritirare in disparte i presenti in modo da far vedere il Papa ai Fiorentini.
Un applauso lo ringraziò e poté riprendere il suo discorso di saluto al Papa.
Tra l’altro Bargellini disse: “(…)Vi dico però questo, con convinzione e con fierezza: il Popolo Fiorentino ha capito e capisce, non tanto il significato del Vostro gesto, ma il valore della Vostra Presenza. Vi sente vicino a lui nella sofferenza; vicino a lui nella speranza, vicino a lui nella rinascita, celebrando con Voi il grande evento della Natività cioè di Dio che si fa uomo e rimane a soffrire e a gioire, a faticare e ad amare con gli uomini, come Voi fate stanotte con i fiorentini, che non vi ringraziano, ma che vi sono sinceramente, profondamente riconoscenti”.
Tocca ora a Papa Montini rispondere brevemente, in quanto egli è venuto per celebrare principalmente la Santa Messa di Natale in Duomo, e per far ascoltare il suo paterno messaggio di solidarietà.
Ma pur lasciando a casa il protocollo, come il Papa ha deciso, e come è stato fatto, non ci si può esimere dal rispondere al saluto del Sindaco.
Il Papa è da poco meno di un’ora a Firenze.
Ha incontrato desolazione, case buie, odore di nafta, visi provati; si è reso conto di persona in santa Croce, dei tanti metri di acqua riversatasi su Firenze proprio da quella striscia orrenda presente nella Basilica ad un’ altezza superiore all’uomo.
I suoi più stretti collaboratori notano che il Papa ha “avvertito” il dolore di Firenze; alcuni credono che stia per piangere. No! Farà qualcosa di più. Aprirà il suo cuore: “SIAMO LIETI E ONORATI CHE CI SIA CONCESSO, ALMENO PER BREVI ORE DI CONSIDERARCI MORALMENTE, ANCHE MEDIANTE LA NOSTRA PRESENZA FISICA, CITTADINI DI FIRENZE; VOSTRO CONCITTADINO, FIORENTINI CARISSIMI, VOSTRO AMICO, VOSTRO FRATELLO, E IN VIRTU’ DEL NOSTRO MINISTERO APOSTOLICO PADRE VOSTRO; E TANTO A VOI MAGGIORMENTE UNITI, QUANTO PIU’ GRANDE E’ STATA LA PROVA PER VOI VORREMMO, O FIORENTINI, POTERVI TUTTI SINGOLARMENTE SALUTARE, TUTTI CONSOLARE, TUTTI BENEFICARE”.
A questo punto dalla folla si eleva un boato fragoroso, come mai si è sentito nella storia di Firenze.
Cosi ricorda quel momento l’allora giornalista fiorentino Giovanni Spadolini, poi senatore a vita e Presidente, prima del Consiglio dei Ministri e poi del Senato: “L’applauso che proruppe dalla folla fu schietto e profondo. La solidarietà nel dolore: che equivale al più alto sigillo della nostra umanità, al vero e inconfondibile segno della redenzione”.
Così Papa Paolo VI rispose al saluto del Sindaco: “Signor Sindaco, La ringrazio delle sue parole, piene di fede e di cortesia e La ringraziamo dell’accoglienza, che Ella ci offre fin da questa prima sosta della nostra visita a Firenze. Con Lei ringraziamo i Signori Membri della Giunta e del Consiglio Comunale, che l’accompagnano a questo incontro e ogni altra persona qui presente, rappresentativa della Città. Alla quale Città Firenze esprimiamo fin da ora il nostro affettuoso saluto. Lo esprimiamo qui dov’essa ha sofferto di più, dove le sue glorie storiche sono più documentate e più offese dall’immane alluvione, e dove il Popolo Fiorentino, questo caro Popolo Fiorentino, merita maggiormente il nostro paterno interesse. Siamo lieti e onorati che ci sia concesso, almeno per brevi ore, di considerarci moralmente, anche mediante la nostra presenza fisica, cittadini di Firenze; vostro concittadino, Fiorentini carissimi, vostro amico, vostro fratello, e, in virtù del nostro ministero apostolico padre Vostro; e tanto a voi maggiormente uniti, quanto più grande è stata la prova per voi. Vorremmo o Fiorentini, potervi tutti singolarmente salutare, tutti consolare, tutti beneficare! Ma siccome ciò non ci è materialmente consentito, supplisca il nostro augurio spirituale, il grande augurio, da lei Signor Sindaco, cosi bene ricordato; l’augurio da cui ogni bene ogni conforto, ogni speranza ci possiamo ripromettere, l’augurio che deve far risorgere questa Città più bella, più buona, più unita di prima: buon Natale, Fiorentini, Buon Natale! Buon Natale!”.
Più tardi in Cattedrale, durante l’omelia della Messa di Natale, trasmessa in diretta mondiale dalla Rai, dirà: “Siamo qua venuti, sospinti dalla carità del Natale, perché la vostra prova ci ha chiamati, ci ha quasi obbligati a venire. Siamo qua venuti nel giorno della tristezza e della fortezza dell’amore, per piangere con voi, dicevamo. Si Fiorentini, ai cento titoli, che voi potete avanzare per la nostra affezione, per la nostra stima, per l’umana e cristiana comunione, un altro capitolo si è aggiunto, che ora più di ogni altro ci ha messi in cammino. Il vostro dolore, cosi grande, cosi singolare, cosi fiero, e cosi degno. Viaggiando verso questa città, che è tra le più celebri e le più attraenti del mondo, andavamo pensando che altri nostri Predecessori, in tempi lontani, con maggior decoro, e con identica stima e minor fretta, vennero a Firenze, ammirando le sue bellezze godendo la sua ospitalità, trattando i suoi affari: ma non ricordiamo che altri Papi prima di noi, siano venuti a Firenze solo e proprio per Firenze, come noi in questa notte siamo qua arrivati, e non già per nostro godimento o per nostro interesse, ma per vostro conforto e per quello, se a loro si può aggiungere, degli altri fratelli, Italiani ed Esteri afflitti da ventura simile alla vostra; così che questa semplice e furtiva nostra visita ambisce ad avere negli animi vostri, o Fiorentini, e di quanti altri vi sono collegati nella presente sventura, un unico apprezzamento, quello dell’amore, dell’amore del Papa. Nel segno dell’amore si sigilla nei vostri annali questa nostra venuta. E se tale è davvero il vostro apprezzamento tanto a noi basta, mentre, purtroppo, sappiamo bene, esso non basta a porre rimedio adeguato ai vostri lutti e alle vostre rovine. Vorremmo poter fare ben altro per vostra consolazione e per vostro soccorso!. Ci conforta sapere che da mille parti è affluito spontaneo l’aiuto: questo suffragio di bontà è cosa stupenda! Stupendo in chi lo ha dato, stupendo anche in chi lo riceve: non offende la vostra fierezza, o Fiorentini, si bene l’accresce per la prova di stima e di fraternità che dappertutto vi è tributato. L’interessamento dei fanciulli e dei giovani, ad esempio, vi deve piacere e commuovere; come quello dell’ UNESCO e della Croce Rossa, di altri enti di cultura di beneficenza Nazionali ed Esteri, altamente vi onora! Come deve veramente sostenere il vostro coraggio l’attestato di solidarietà nazionale che le pubbliche Autorità, con tanta prontezza e con tanta larghezza, vi hanno dato prodigando aiuti generosi ed efficaci, ed altri preparando e promettendo. Siamo noi stessi compiaciuti e riconoscenti di tanta comprensione umana e civile, ed anche cristiana, perché è bene osservare, dalle scuole di Cristo, essa non poco deriva. Dicendo bravi agli altri, non vogliamo noi stessi sottrarci dal grato dovere della carità, tanto più che molti Fratelli e Figlie Vescovi e Fedeli, hanno messo nelle nostre mani offerte preziose, che già hanno avuto la loro provvida destinazione, non esclusa Firenze; saremmo felici se ci sarà dato di lasciare, in un’ opera di assistenza ai più bisognosi della popolazione fiorentina, il segno, per questo simbolo modesto dell’amore che rimane, e della speranza che rivive, (questa opera sarà la Casa per Anziani “Paolo VI” inaugurata il 12 Luglio 1970 e che si trova a Firenze in Via Cimabue nda). Ed eccoci alla terza intenzione di questo nostro viaggio natalizio: siamo venuti per condividere la speranza che vi ha tutti sostenuti nella sventura, per essere noi stessi confortati: conosciamo le vostre virtù umane e civili, la vostra tempra fiorentina, vibrante di intelligenza, di coraggio, di laboriosità, di senso acuto, ed operante della realtà; sono virtù queste, che messe alla prova, insorgono, si affermano, e si accrescano; non cedono: così avviene in cotesta drammatica contingenza, che invece di fiaccare, corrobora le vostre energie e le moltiplica. Ma c’è ben altro nelle riserve geniali e spirituali che vi ha depositato la vostra incomparabile tradizione; e se ora ci asteniamo dal farvi alcun preciso accenno (e sarebbe bello e facile farlo), ciò si deve all’ovvio proposito di non ripetere a voi ciò che già benissimo voi conoscete, il nostro accenno a cotesta ricchezza mira soltanto a ricordarVi che essa non deve essere, come dei resto non lo è puro oggetto di contemplazione e di orgoglio, ma sorgente di ispirazione e di impegno; non deve essere soltanto storia passata e finita, ma stimolo per una ricerca sincera ed originale dei valori immortali ed universali, che racchiude ed illustra; e studio deve essere e sforzo per vivere e per emulare la grandezza spirituale di un tempo, per bandire da voi, se bisogno vi fosse ogni imbelle pigrizia, ogni decadente criticismo, ogni paco materialismo; e per rinascere: Rinascere Popolo vivo ed unito; Popolo laborioso e credente, Popolo tipico e moderno. Rinascere, Figli Carissimi, è una grande parola, spesso fraintesa dai satelliti della moda, o dai sovversivi delle strutture. E’ una parola che sa di utopia per chi non conosce il Natale. Rinascere vuol dire rifare se stessi, i propri pensieri, i propri propositi; e ciò che il Concilio, ancor prima di altre riforme ci ha predicato, con San Paolo: “Rinnovatevi nella vostra mentalità (Eph 4,23)”. Vuol dire per Voi Fiorentini, ritrovare le energie interiori nello spirito che la vostra tradizione cristiana ha inserito nell’essere vostro; e riacquistare coscienza della vostra vocazione a irradiare appunto lo spirito e a diffondere nel mondo, cominciando da quello che viene qua pellegrinando alla vostra scuola, di arte, e di storia e di lingua e di civiltà, quei valori immortali ed universali, di cui vi dicevamo, e di cui la fede cattolica dei vostri Santi e dei vostri Grandi possiede la sempre feconda radice. E le supreme aspirazioni del Vostro tempo, la giustizia, quella sociale specialmente, la pace, quella internazionale specialmente, avranno da voi suffragio e originale servizio. La vostra vocazione, Fiorentini, è nello spirito, la vostra missione è nel diffonderlo. Ed è per riaccendere in voi cotesta coscienza e cotesta fiducia, in un’ ora che può essere decisiva per il vostro orientamento morale, che noi siamo venuti a celebrare il natale con voi; il natale non solo di Cristo, ma vostro, il natale della speranza cristiana”.
Prima di lasciare il Duomo di Firenze, Paolo VI decide, senza dire nulla a nessuno, nemmeno al Sindaco, di apporre personalmente una onorificenza al Gonfalone della Città: la Medaglia d’Oro del Concilio Vaticano II, affinché rimanga testimonianza della rinascita di Firenze dal fango.
Firenze è l’unica Città al mondo che può vantare, ancora oggi, a distanza di 50 anni, questa medaglia sul proprio Gonfalone.
Medaglia che dalla notte di Natale del 1966 è perennemente appesa al Gonfalone assieme alla medaglia d’oro al valor militare per i fatti cruenti legati alla II Guerra Mondiale e che risplende in tutta la sua bellezza ogni volta che il Gonfalone partecipa, in Italia e all’Estero, alle varie cerimonie rappresentando Firenze. Firenze però, nonostante una richiesta ufficiale sia stata presentata al Comune in occasione del Trentennale dell’alluvione, non ha mai ringraziato adeguatamente Papa Paolo VI per questo unico e grande riconoscimento. In quell’occasione il Comune, tramite l’allora Presidente della Commissione Consiliare alla Toponomastica, il verde cattolico Giannozzo Pucci, rigettò la richiesta di Franco Mariani di intitolare una via o piazza a Papa Paolo VI.
Forse, dopo 50anni sarebbe il momento giusto.
A questo punto non vi resta che andare a leggere/acquistare il libro, dove troverete tante altre informazioni, curiosità, e interventi oltre a numerose fote.
Franco Mariani
© 1994, ↑ Firenze Promuove
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