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La città di Firenze, grazie al Comune e all’Associazione Firenze Promuove, ha ricordato questa mattina, a pochi metri da Ponte Vecchio, il 52° anniversario dell’Alluvione del 4 novembre 1966, rendendo omaggio alle inermi vittime e al coraggio dei fiorentini di sapersi riprendere dal quell’immane catastrofe.
Quest’anno a presiedere la funzione religiosa, alla presenza del Gonfalone comunale, è stato il Cardinale Ennio Antonelli, Arcivescovo Emerito di Firenze, che nell’Oratorio della Madonna delle Grazie, immagine che stava su una delle antiche celle del Ponte delle Grazie per difendere la città dalle alluvioni, ha celebrato la Santa Messa.
Alle cerimonie del mattino ha partecipato anche una rappresentanza del gruppo “Carabinieri Angeli del Fango”, formato dagli Allievi Sottufficiali del 59° Corso della Scuola di Firenze (ben 700 in quel 1966), recentemente riconosciuto ufficialmente dall’Arma con questa dizione, e che tanto si prodigarono per assicurare la sicurezza dei fiorentini per tutto il periodo dell’emergenza (ovvero fino al 24 dicembre 1966)
Prima del lancio in Arno, dopo la benedizione del fiume Arno da parte del Cardinale Antonelli, dal centro del Ponte alle Grazie della Corona d’Alloro del Comune di Firenze, al suono delle chiarine del Gonfalone, da parte del Presidente del Consiglio Comunale Andrea Ceccarelli e del Presidente di Firenze Promuove Franco Mariani, assieme al Presidente del Consiglio Regionale Eugenio Giani e allo stesso Cardinale Antonelli. Tutti hanno voluto sottolineare l’importanza dell’evento.
“Oggi siamo ancora qui, dopo 24 anni – ha evidenziato il Presidente di Firenze Promuove Franco Mariani – per ricordare tutte le vittime che ormai abbiamo storicamente appurato sono più delle 35 “ufficiali” accertate dalla Prefettura all’epoca, perché è importante non perdere la Memoria, perché, come ha ricordato anche Papa Francesco l’ultima volta che è venuto in Toscana, senza Memoria non si può essere comunità. E’ importante ricordare sia le vittime, tra cui due piccoli bambini di soli tre anni, Marina Ripari e Leonardo Sottile, sia il coraggio dei fiorentini che seppero rialzarsi da soli grazie non solo alla solidarietà internazionale ma soprattutto da parte dei fiorentini non alluvionati che seppero esprimere l’amore non solo verso la città ma soprattutto verso i propri concittadini”.
Nel pomeriggio, alla Nave a Rovezzano, come ha ricordato il Presidente del Consiglio Comunale Ceccarelli “ai consueti eventi quest’anno si è aggiunto un ulteriore appuntamento, lo scoprimento di una nuova targa toponomastica della strada dedicata a Carlo Maggiorelli, l’operaio dell’acquedotto comunale dell’Anconella che non volle lasciare il suo posto di lavoro nonostante il pericolo sacrificando la sua vita”. Alla mattina un mazzo di fiori da parte del Sindaco è stato deposto da un rappresentante dell’Amministrazione Comunale sulla tomba di Maggiorelli al cimitero comunale di San Felice a Ema.
Questo il testo integrale dell’omelia del Cardinale Antonelli
Saluto con intenso affetto la Città di Firenze e in particolare il Signor Sindaco e tutti voi, che partecipate a questa celebrazione nel 52° anniversario della catastrofica alluvione, e l’Associazione Firenze Promuove che molto ha fatto e continua a fare per tenere desta e operante la memoria di quel tragico evento.
Di quei giorni segnati dalla tremenda calamità naturale vogliamo ricordare innanzitutto le vittime, il dolore, le rovine, ma anche le belle testimonianze di solidarietà, generoso impegno, coraggio pieno di speranza. È importante ricordare, specialmente ricordare insieme. Contribuisce a rafforzare l’amore per la nostra gloriosa Città, che lo merita come poche altre al mondo.
All’amore verso il prossimo, e dunque anche verso la città di appartenenza, ci invita il vangelo di oggi, formulando i due comandamenti della carità, come sintesi di tutta la legge di Dio. “Si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: Qual è il primo di tutti i comandamenti? Gesù rispose: il primo è – Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza – . Il secondo è questo: – Amerai il tuo prossimo come te stesso – .
Ancora più brevemente possiamo dire: Ama Dio con tutto te stesso e il prossimo come te stesso. I due comandamenti sono inseparabili, perché chi ama il Padre ama anche i figli e viceversa. “Chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato” (1Gv 5, 1). “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4, 20). Amare Dio significa compiere la sua volontà. Amare gli altri significa desiderare e fare il loro vero bene, quello che Dio vuole per essi. L’autentico amore è anche sentimento, ma soprattutto è impegno pratico, operante.
Nella vicenda della grande alluvione di Firenze, l’amore per la città emerse sia come condivisione della sofferenza e dell’angoscia sia come servizio operoso per aiutare persone in difficoltà e proteggere case, chiese, opere d’arte e altri preziosi beni culturali. Insieme ai cittadini e ai militari, si impegnarono con appassionata dedizione migliaia di giovani, accorsi da ogni dove e diventati famosi col nome di ‘Angeli del fango’. Poi il lavoro di ricostruzione è proseguito con la generosa mobilitazione di risorse e competenze a livello locale, nazionale, internazionale: ripristino delle abitazioni e delle attività lavorative e commerciali, restauro del patrimonio culturale, opere di messa in sicurezza (come l’invaso del Bilancino e gli interventi in Valdarno).
L’amore per la città deve continuare nella vita ordinaria, da parte di tutti, anche nei gesti più semplici e nei comportamenti quotidiani, che sfuggono all’attenzione dei media e riguardano il decoro urbano, il rispetto per le opere di interesse storico-artistico, la convivenza civile, la partecipazione alla vita ecclesiale, i buoni rapporti di vicinato, la qualità delle relazioni umane, la solidarietà con le necessità degli altri. A proposito vale la pena ricordare che nei giorni dell’alluvione ci furono famiglie che accolsero nelle loro case, ai piani alti, alcuni detenuti del carcere delle Murate, che erano in pericolo. Inoltre qualche testimone scrisse di aver notato in quei giorni nella città un clima diffuso di grande cordialità e collaborazione. Perché un clima come quello diventi abituale e cresca sempre più dobbiamo pregare e impegnarci assiduamente. Purtroppo la cultura del frammento e dell’effimero, prevalente nel mondo di oggi, non favorisce la perseveranza e, d’altra parte, neppure la previdenza e la lungimiranza.
L’alluvione di Firenze fu un evento del tutto eccezionale e imprevedibile. Ma i frequenti disastri ambientali, che avvengono ovunque sulla faccia della Terra, almeno in parte sono imputabili alla sconsiderata attività dell’uomo e costituiscono altrettanti drammatici appelli a ripensare e a rinnovare i nostri stili di vita e i modelli di produzione e di consumo. A riguardo è auspicabile che la splendida lettera enciclica Laudato Sì di Papa Francesco venga largamente diffusa, studiata, meditata e messa in pratica. Affido alla vostra riflessione alcune citazioni.
Per cominciare, un monito severo e urgente: “Se la tendenza attuale continua, questo secolo potrebbe essere testimone di cambiamenti climatici inauditi e di una distruzione senza precedenti degli ecosistemi, con gravi conseguenze per tutti noi” (LS 24).
Poi un’esortazione a evitare lo spreco della risorse: “Quando si parla di uso sostenibile bisogna sempre introdurre una considerazione sulla capacità di rigenerazione di ogni ecosistema nei suoi diversi settori e aspetti” (LS 140). “Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza …, riutilizzare e riciclare” (LS 22).
Un rimprovero a chi ha maggiore potere e responsabilità: “Molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi, cercando solo di ridurre alcuni impatti negativi di cambiamenti climatici” (LS 26).
Però la cura dell’ambiente deve coinvolgere tutti i membri della società: “Un cambiamento negli stili di vita potrebbe arrivare ad esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale … Questo ci ricorda la responsabilità sociale dei consumatori. Acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico. Per questo oggi il tema del degrado ambientale chiama in causa i comportamenti di ognuno di noi” (LS 206). “E’ molto nobile assumere il compito di avere cura del creato con piccole azioni quotidiane, ed è meraviglioso che l’educazione sia capace di motivarle fino a dar forma a uno stile di vita” (LS 211). Il Papa indica, a titolo di esempio, alcune piccole azioni quotidiane: indossare abiti adeguati invece di accendere l’impianto di riscaldamento; evitare l’uso della plastica; ridurre il consumo di acqua; differenziare i rifiuti; cucinare solo la quantità di cibo che prevedibilmente si consumerà; aver cura degli altri esseri viventi; piantare alberi; spegnere le luci inutili; utilizzare il trasporto pubblico o condiviso ecc.
Inoltre segnala come motivo di speranza la fioritura già in atto di “una innumerevole varietà di associazioni che intervengono a favore del bene comune, difendendo l’ambiente naturale e urbano. Per esempio, si preoccupano di un luogo pubblico (un edificio, una fontana, un monumento abbandonato, un paesaggio, una piazza), per proteggere, risanare, migliorare o abbellire qualcosa che è di tutti. Intorno a loro si sviluppano o si recuperano legami e sorge un nuovo tessuto sociale locale. Così una comunità si libera dall’indifferenza consumistica. Questo vuol dire anche un’identità comune, una storia che si conserva e si trasmette” (LS 232).
Ricorda, infine, specialmente ai credenti, che “L’amore per la società e l’impegno per il bene comune sono una forma eminente di carità, che riguarda non solo le relazioni tra gli individui, ma anche le macro relazioni, rapporti sociali, economici, politici” (LS 231).
A modo di conclusione aggiungo ancora un riferimento al vangelo di questa domenica e alla cronaca dell’alluvione. Gesù ci ha insegnato che siamo chiamati ad amare Dio con la totalità della nostra vita e il prossimo, singole persone e società, come noi stessi. È significativo che, durante l’alluvione di Firenze nel 1966, mentre si moltiplicavano i gesti di solidarietà verso il prossimo, si continuava senza interruzione, nella chiesa del Corpus Domini accanto al fiume, anche l’adorazione eucaristica perpetua, trasferendo il SS. Sacramento al piano superiore, irraggiungibile dall’acqua entrata al pian terreno. L’amore di Dio per noi e il nostro amore per Dio e per gli altri sono inseparabilmente congiunti.
Riprese video di Mattia Lattanzi e Franco Mariani.
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